RECENSIONI CD: VASCONCELOS_SALIS_CONSOLMAGNO

 

aggiornato il 14 febbraio 2006

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Fabio Ciminiera - Jazz Convention 27 maggio 2005

 

Vasconcelos_Salis_Consolmagno è stato registrato in occasione del concerto tenuto dal trio nell'estate del 2004 nell'ambito del Fandango Jazz Festival a Roma. La creazione di un suono, la costruzione di un dialogo meno convenzionale in un territorio ibrido di ricerca sulle tradizioni e sui comportamenti che si esprimono attraverso la musica, di ricerca sui suoni e sugli strumenti, porta i musicisti in una regione che non è solo richiamo etnico, non è solo ricerca di forme costituite e costituibili, non è solo espressione delle proprie personalità e delle radici: una regione che possa essere contemporaneamente tutto questo. Dubito che abbia un senso stabilire se questo sia jazz o no, diventa sicuramente più significativo stabilire la volontà ferrea di ricerca di un linguaggio che unisca ed esprima il sentire del musicista. In Vasconcelos_Salis_Consolmagno la presenza di tre personalità forti e votate naturalmente a spostarsi tra contesti diversi spinge molto in avanti i punti di riferimento e l'utilizzo delle voci e della fisarmonica aggiunge una dimensione narrativa alla musica. Ancor più che negli altri lavori, la voce diventa protagonista, muovendo in tutto lo spettro dei sentimenti, dalle urla degli animali della foresta, dai rumori della natura dominatrice incontrastata, ai suoni dolci di Lion Heart. Il pianoforte sviluppa in modo ulteriore la dimensione del racconto e si inserisce, in questo percorso di movimento e ricerca, con gli episodi in piano solo di Vinho Branco e Vinho Tinto, con il ruolo importante in Lester e in Nogales, con la predisposizione alla sperimentazione propria di un musicista come Antonello Salis.

JAZZ CONVENTION

Fabio Ciminiera

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Roberto Valentino - SM - Strumenti Musicali -  giugno 2005

 

Dopo il memorabile Lester del 1985, il sodalizio tra il percussionista brasiliano e il pianista-fisarmonicista italiano si è rinnovato la scorsa estate, con un tour al quale si è aggiunto un altro specialista delle percussioni, Peppe Consolmagno, tutt'altro che terzo incomodo. In questo CD, testimonianza di un concerto romano, il trio palesa una innata vena melodica e una tavolozza coloristica ricca di sfumature. La lunga introduzione in solitudine di Vasconcelos al berimbau , di cui è insuperabile maestro, vale da sola la spesa.

STRUMENTI MUSICALI

Roberto Valentino

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Stefano Solventi - Music Magazine - Sentire Ascoltare 16 luglio 2005

 

I tre si conoscevano, certo. Il percussionista brasiliano Vasconcelos ed il pianista/fisarmonicista Salis avevano anche lavorato assieme (un album in condominio, Lester del 1985), ma il trio col percussionista Consolmagno rappresentava una novità assoluta. Di più, appena due giorni prima di questo concerto, accaduto nel luglio del 2004 al Fandango Jazz Festival di Roma, non erano mai state fatte prove, non esisteva una scaletta. C’era solo l’idea, la voglia, l’eccitazione di farlo. Detto ciò, capite perché questo disco mi sembra – è - sensazionale? Nella fragranza radente del due tracce digitale, magia e mistero, gioia e cupezza, spirituale e animalesco si spampanano e impastano con impetuosa duttilità, con saggio dinamismo. Giardini incantati nella fibrosità ipnotica del berimbau (O Berimbau e  Lion heart), il pianoforte che romba romanticherie cupe per poi sciorinare melodie scivolose e pazzarielle (Vinho branco) o acide ebbrezze (Vinho tinto). Poi ancora ansiti e voci wyattiane dopo tempeste jazzy (Manaus), il sacro senza quartiere tra schiocchi, strepiti, schianti e fruscii (Vamos pra selva), quindi l’angoscia panica anzi l’incanto evanescente di Lua. Si chiami pure di sperimentazione, questo tracciare una via tangente tra Sudamerica e Asia, concettualizzando un respiro jazz d’Europa e frastagliando ritmiche e timbriche d’Africa. Tuttavia, è un suonare che non si scorda la pura giocosità del proprio nascere popolare, ed ecco allora la pulsante bizzarria afro-doowop-funk di Uekke, uekke, ecco il mambo jazz dal piano spiritato di Nogales, ecco la marcia bahiana tutta sussulti, scoppi e frizzi di Caribbean dreams, ed ecco il vitalismo febbrile della fisarmonica nella malinconia strisciante di Loro. Alla fine sarà proprio quest’ultimo il sapore dominante, per quanto difficile o addirittura arduo sia stato talora il viaggio. E’ come aver navigato sulla superficie di un fiume, averne saggiato le anse, i letti, le rapide, il putridume e la freschezza, e poi il mare che è l’ultima parola del suo essere comunque fiume. Pure un bambino lo sa che è così. (7.4/10)

SENTIRE ASCOLTARE

Stefano Solventi

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Fabrizio Ciccarelli  - Audiocostruzioni 16 agosto 2005

 

Il cd di Vasconcelos, Salis e Consolmagno, registrato al Fandango Jazz Festival di Roma il 15 luglio del 2004, fin dal primo brano farebbe pensare ad un progetto etno (voci perdute delle foreste amazzoniche, il lungo intreccio percussivo) tanto più che solista è l’arcaico berimbau; fin qui nulla di nuovo, si direbbe (centinaia di brani new age riecheggiano d’Amazzonia, di Sud Africa, di afro beat, di caraibico, perfino di andino) e più d’un solista di smooth jazz ha sfruttato tale idea, né serviva certo questo esordio per ricordarci la bravura di Nana Vasconcelos, uno che ha suonato di tutto con tutti, e sempre ad un livello altissimo. Ciò che segue, invece, impressiona per quel sapore antico e quei vocalizzi tribali, quel tipico suono d’accordion riproposto con originalità, sentimento e modernità da Salis nel magnifico quadro ritmico calibrato da Vasconcelos e Consolmagno. Antonello Salis, intelligente ed innovativo pianista, tecnicamente perfetto nei suoi fraseggi, modula soli estremamente colti ma non per questo “distanti”, come in “Vinho branco” ed in “Lester”. Così i tre vanno avanti per 67 minuti, correndo talvolta il rischio di lasciare chi ascolta un po’ perplesso e non sempre convinto, attingendo comunque in modo sempre estremamente originale sia alla musica “ripetitiva” (come in “Uekke, Uekke”) sia alla lezione di musicisti dediti alla ricerca in ambito etnojazzistico o alle prove di solisti quali Dollar Brand, McCoy Tyner, Spaulding Givens (alias Nadi Qamar), Ahmad Jamal; ed allora ci si può accorgere d’esser di fronte ad un’opera “di confine” in cui si fondono moduli musicali provenienti da culture diverse e lontane fra loro ed in cui si rintraccia un intenso lirismo talvolta vicino ai modi complessi di certa avanguardia del primo Novecento, alla musica del nordeste brasiliano, alla fresca e vivace “danza” popolare che è l’anima proprio dell’ultimo brano del cd, “Loro”, capolavoro remoto, misterioso a sentirlo bene, di quel sensibilissimo etnomusicologo che è Egberto Gismonti. Il progetto non era semplice, ma i tre artisti di musica ne hanno tanta nella mente e nel cuore, proveniente dai tempi e dai luoghi meno usuali, meno frequentati dall’ascoltatore comune, né era facile – viste le premesse - realizzare un’opera tanto equilibrata e di gusto così raffinato, che sicuramente non passerà inosservata tra i cultori della “world music” e del jazz contemporaneo.  

AUDIOCOSTRUZIONI

Fabrizio Ciccarelli

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Neri Pollastri  - All About Jazz   24 agosto 2005

 

Frutto di una registrazione effettuata nel corso del "Fandango Jazz Festival 2004", tenutosi a "La Palma" di Roma, questo CD documenta il primo incontro di Nana Vasconcelos, Peppe Consolmagno e Antonello Salis. Da tre musicisti estrosi come loro, non era che da attendersi una felice congiunzione, anche (o proprio perchè) in assenza di un preciso e studiato progetto. Che quest'ultimo non ci sia è peraltro evidente dall'ascolto: con regolarità è  uno dei tre ad aprire i brani con felici assoli e ad allargarsi per dare spazio alla creativià' degli altri. Ed è' ora l'uno, ora l'altro a fungere da "collante" - Salis con la fisarmonica, Vasconcelos con le improvvisazioni vocali, Consolmagno con le creazioni anche elettroniche - di una narrazione composita e tuttavia mai slegata. Nelle peraltro sempre suggestive atmosfere, affiorano qua e là delle ridondanze e alcune scivolate nella new age; ma se il complesso rimane di buon livello, ad alzare la qualità sono dei veri pezzi di bravura quali, ad esempio, quelli di Salis al pianoforte in "Vinho tinto" e alla fisarmonica in "Loro" di Egberto Gismonti (unico pezzo non firmato dai tre); oppure, alcuni momenti di fantasiosissima percussione di Vasconcelos e Consolmagno, che spesso all'ascolto si fondono tra loro e che attraversano trasversalmente l'intera registrazione. La quale costituisce una miscela sapiente e onirica di suggestioni etniche e pirotecniche, dai colori costantemente cangianti - meritevole di una verifica dal vivo.


ALL ABOUT JAZZ

Neri Pollastri

 

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Peppe Consolmagno e Autori vari  Cajù Records 4558-2, 4558-3, 4558-4, 4558-5

Timbri dal Mondo, Kalungumachine, Ishk Bashad Live at Womad, Vasconcelos, Salis, Consolmagno

di ©2005 Maurizio Favot -  Suono  n.384 settembre 2005

 

Percussionista? Definire così Peppe Consolmagno suonerebbe quasi come un insulto. Non bastassero le qualità espressive poliedriche, occorre infatti mettere in conto l’attività musicologica e didattica del quarantasettenne riminese, la cui personalità sfaccettata si palesa “improvvisamente” grazie alla Cajù di Peter Kauffmann, con ben quattro cd appartenenti ad epoche diverse. Il denominatore comune è appunto il percussionismo ecumenico di Peppe, che dall’iniziale ispirazione brasiliana abbraccia l’intero orbe terracqueo e s’avvale di un’ampia tavolozza sonora, comprendente anche strumenti inventati e/o autocostruiti, più voce, campionamenti e loop creati estemporaneamente. Non a caso, il suo primo lavoro solitario (9 brani da un concerto del ’99, 2 registrati in studio nel 2003) è intitolato Timbri dal mondo, a sottolinearne la ricchezza timbrica. Caratteristica già apprezzabile nel duo con il sassofonista Antonio Marangolo (Kalungumachine del ’94, all’epoca edito dalla Iktius), che vi aggiunge spessore impiegando anche l’harmonizer. Infine due live: al 2001 risale la partecipazione al Festival Womad organizzato a Palermo da Peter Gabriel, in un quartetto con Giuseppe Grifeo (piano e voce), Mouna Amari (oud e voce) ed Enzo Rao (violino), mentre l’incontro con Nana Vasconcelos (percussioni e voce) e Antonello Salis (piano, accordion e voce) è del luglio 2004, durante il Fandango Jazz Festival, sul palco de La Palma: più orientaleggiante e “composta” la prima, genuinamente e suggestivamente naif la seconda, entrambe godibilissime.

SUONO

Maurizio Favot

 

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Luca Confusione  - Music Club  n.154 settembre 2005

 

Le registrazioni contenute in questo cd sono quelle effettuate durante il concerto tenuto dal trio Nana Vasconcelos, Antonello Salis, Peppe Consolmagno a Roma al Fandango Jazz Festival il 15 luglio 2004. Peppe Consolmagno è percussionista nostrano, viaggiatore e anche per questo sperimentatore, autocostruisce gran parte dei propri strumenti, organizza workshop e corsi per l’introduzione di giovani e non al mondo delle percussioni, vanta un ampia serie di partecipazioni a festival internazionali e concerti con i progetti nei quali è coinvolto. Nana Vasconcelos (percussioni) e Antonello Salis (fisarmonica e pianoforte) sono abbastanza noti in ambito jazzistico e hanno già collaborato (all’attivo un album Lester del 1985). Sembra che i tre si siano incontrati solo il giorno prima del concerto decidendo in poco meno di due ore come strutturare la performance che, devo dire, è difficile catalogare come jazzistica, anche se di sicuro è attraversata da umori e melodie di questo tipo. Ma il concerto è qualcosa di più e diverso dalla semplice somma delle parti, è uno scorrere di immagini sonore, costruzioni poco canoniche che sembrano piegarsi alla congiuntura favorevole. E’ un umore emergente che sa di Brasile, di Africa, di Europa (invero è da qui che arriva la vena jazz). I brani scorrono e le performance dei tre artisti si susseguono costituendo un patchwork timbricosonoro che è amalgama materica degli stessi, dei loro strumenti e dei loro umori: delayed voice e gong creano squarci naturalistici rotti da sincopati inseguimenti pianistici che confluiscono infine in atmosfere rarefatte, quasi spettrali, grazie a piatti e riverberi. E’ evidentemente una musica emotiva, che vive del piacere che provano gli esecutori nel suonare insieme, nel costruire sul momento il pezzo giustapponendo pattern o timbri, nell’improvvisare liberamente o ponendosi vincoli (come concertazione d’insieme ovviamente non a livello di spartito). Questo è ciò che si immagina e desume dall’ascolto e dalle informazioni disponibili, fatto sta che il contenuto sonoro risulta ispirato e godibile. Merito ulteriore inoltre va alla fedeltà del materiale che è stato registrato in un’unica serata su due tracce. Dispiace solo non avere una testimonianza visiva che di questa musica fisicamaterica deve essere una parte essenziale del modo di fruizione. Chissà, forse in futuro?

 

MUSIC CLUB

Luca Confusione

 

 

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Peppe Consolmagno e Cajù Records 

Timbri dal Mondo, Kalungumachine, Ishk Bashad, Vasconcelos, Salis, Consolmagno

di ©2005 Giuseppe De Trizio -  Cupa Cupa  ottobre 2005

 

Suonare jazz senza essere necessariamente solo jazz, pulsare attraverso le dita e gli armonici della voce un filo di musica che è fatta di parole mancate, di rivoli elastici, di loops concentrici, di incontri sostanziali di idee in movimento, di improvvisazione: questo è Peppe Consolmagno. Poliedrico compositore e musicista, agitatore culturale direi, ma anche abile e rinomato liutaio-artigiano. Da anni Peppe si muove attraverso la didattica, la costruzione e l’interplay attraverso la parola parlata. Di recente la consolidata collaborazione con l’ingegnere del suono e produttore Peter Kauffmann, direttore della nuova etichetta indipendente Cajù records, ha portato alla produzione di quattro cd monografici che riescono a restituire all’ascoltatore i confini del lavoro di Consolmagno attraverso le sue composizioni e le performance che vanno dagli intrecci percussivi con i pirotecnici Antonello Salis (piano, voce e fisarmonica) e Nanà Vasconcelos (voce e percussioni), alle trame intime con il fiatista Antonio Marangolo e agli echi multirazziali del progetto Ishk Bashad. La musica di Consolmagno è fatta innanzitutto di timbri, di suoni (assonanze e dissonanze), che sfilano leggeri negli interstizi della musica che ognuno di noi può essere. Ciò che colpisce della poetica del musicista marchigiano di adozione è la consapevolezza della relazione intima tra suono e silenzio. Pulito il campo da orpelli e inutili preamboli la poetica (arte del fare) di Peppe si arricchisce di sovrapposizioni e scomposizioni ritmiche e melodiche che sanno inseguirsi e rivelarsi con semplicità senza mai dimenticare l’aspetto ludico della musica (caratteristica che si riflette anche in Peppe uomo). Di particolare rilievo ci pare la capacità di prendere parte a progetti eterogenei in modo maturo sapendo calibrare sempre il proprio spazio sonoro, senza invadere, senza cadere nella scontata cerchia del dejà écu. Mossa dalla curiosità verso il jazz di matrice europea e, soprattutto, dalle possibilità espressive della tradizione brasiliana, la sua musica ci regala affreschi che diventano cadeaux quando si legano alle vorticose frenesie di quel genio sregolato di Antonello Salis che pesta il pianoforte verso i dialoghi che lo hanno reso celebre e che acquistano un colore spesso e più asciutto nella ossuta consapevolezza delle fantastiche mani di Nanà Vasconcelos. Ben diversa, invece, molto più intima e frusciante come il corso di un fiume antico è l’elegia poetica di “Kalungmachine”, lavoro inciso originalmente nel 1994 e restituito a nuova vita nella tessitura di un percorso emotivo che trova specchio nel talento elegante di Antonio Marangolo. “Ishk Bashad” (Enzo Rao, violino; Mouna Amari, voce e oud; Giuseppe Grifeo, pianoforte) invece, è un ensamble che naviga come piccola orchestra improvvisa tra l’oriente dell’oud e l’occidente del pianoforte attraverso l’ibrido del violino, per una musica “mediterranea”, più votata alla mediterra che agli abusati clichè di settore.

                                                                                                                                                                                                                                                                        CUPA CUPA  

Giuseppe De Trizio

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Luigi Onori  - Alias de Il Manifesto  n.40 del 15 ottobre 2005

 

Davvero opportuno e prezioso catturare le atmosfere sonore di un concerto capitolino che ha riunito due percussionisti dalla fantasia incredibile (il brasiliano Nana Vasconcelos e l'italiano Peppe Consolmagno) ed un pianista/fisarmonicista come Antonello Salis, quasi insuperabile in quanto a verve improvvisativa e carica ritmica. I brani spesso confluiscono l'uno nell'altro in un caleidoscopio di timbri e ritmi, come avviene nelle «coppie Vamos pra selva e Lion Heart (Vasconcelos, Consolmagno), Vinho branco e Lester (Salis), Vinho tinto e Manaus (Salis, Consolmagno). Il calore dell'esibizione dal vivo si tinge dei mille e più colori vocali, percussivi e sonori in una autentica festa della creatività visionaria

 

                  ALIAS de IL MANIFESTO   

             Luigi Onori

 

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Alberto Bazzurro  - Musica Jazz n.11 novembre 2005

 

Un incontro inedito (ma Salis e Nana già avevano lavorato più volte insieme), che peraltro di rado vede il terzetto simultaneamente in scena, è quanto ci offre questo Cd. Le cose migliori arrivano quando è Salis a dettare i tempi (cioè quasi sempre, quando è di turno lui); altrimenti il concerto é risolto un po' troppo nel segno del colore, dell'effetto procurato da uno strumentario assolutamente particolare. I brani, sempre abbinati in minisuite bitematiche (tranne che nel primo e nell'ultimo titolo), trovano ancora in Salis la penna prolifica (cinque episodi), mentre solo lo splendido Loro reca la firma (Egberto Gismonti) estranea al consenso. I momenti più apprezzabili sembrano coincidere in particolare con l'accoppiata Vinho branco -.Lester (entrambi di Salis, protagonista di una sgroppata in cui, pur non troppo premiato dalla presa del suono, offre un saggio del proprio pianismo enciclopedico e fibrillante, da Taylor all'espressionismo russo), con il fisarmonicistico Carribean Dreams, con  Vinho tinto e con il tema di Gismonti.

MUSICA JAZZ 

Alberto Bazzurro

 

 

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Peppe Consolmagno - Cajù Records 4558-2, 4558-3, 4558-4, 4558-5

Timbri dal Mondo, Kalungumachine, Ishk Bashad Live at Womad, Vasconcelos, Salis, Consolmagno

di ©2006 Gianmarco Maggiora -  Drum Club febbraio 2006

 

Per Peppe Consolmagno le percussioni non sono solo una grande passione, ma un vero e proprio stile di vita. Le percussioni sottolineano i suoi viaggi in vari continenti, di cui ci riporta sonorità e suggestioni. Le percussioni sono il mezzo con il quale ci trasmette emozioni e sentimenti, un linguaggio che si fonde con la voce umana invece utilizzata come strumento musicale. Le percussioni sono gli strumenti che utilizza per interagire con altri musicisti e con il pubblico, per lavorare e vivere. I quattro cd di cui andiamo a parlare sono stati incisi nell'arco di dieci anni, spesso in situazioni live, quindi senza alcun artificio tecnico, a conferma della grande personalità e versatilità dell'autore.  In Timbri dal mondo vi è tutta la gioia della scoperta, l'infanzia e al fantasia. Percussioni, voci e campionamenti vengono mescolati e moltiplicati con gli echi a creare bozzetti sonori in cui la ricerca timbrica e la suggestione emotiva sono gli elementi predominanti. In Kalungumachine c'è l'incontro con gli strumenti a fiato di Antonio Marangolo, annunciato e sintetizzato già dalla foto di copertina in cui due fiumi si uniscono per formarne uno ancora più importante l'Amazzonia. In Ishk Bashad - live at Womad 2001 avviane un'altra fusione, quella di diverse culture che nella musica trovano l'ideale strumento di coesione e dialogo. Infine il cd più recente è quello che vede sul palco del Fandango Jazz Festival del 2004 tre musicisti ( Nana Vasconcelos, Antonello Salis e Peppe Consolmagno) che sottolineano ancora una volta come in musica non abbiano alcun senso le etichette ed i limiti mentali, quando la creatività travalica qualunque confine.

 

DRUM CLUB

Gianmarco Maggiora

 

 

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Vasconcelos, Salis, Consolmagno (Cajù Records, 2005)

di ©2006 Dario Gentili -  Jazzitalia  febbraio 2006

 

Era uno degli eventi più attesi del Fandango Jazz Festival de La Palma di Roma, edizione 2004, ed ecco adesso la testimonianza su cd del concerto di Nana Vasconcelos, Antonello Salis e Peppe Consolmagno. Per chi c'era è un piacevole amarcord, ma soprattutto chi non c'era può ascoltare quel concerto che, per molti suoi aspetti, può essere definito un evento. Mentre la frequentazione musicale di Vasconcelos e Salis ha un precedente importante (l'album Lester del 1985), era invece la prima volta che i tre suonavano insieme e una seconda volta è tutt'altro che scontata. Certo, per chi conosce la produzione di ognuno dei tre, il comune gusto per la ricerca e la sperimentazione, una cultura musicale senza frontiere, tale incontro non ha molto di sorprendente, è piuttosto il soddisfarsi di un'attesa, ma che sia avvenuto appena il giorno prima del concerto e la scaletta sia stata costruita in un'ora e mezza soltanto ha decisamente dell'eccezionale. Per dire la verità, nonostante che il 15 luglio 2004 fossi a La Palma, è soltanto adesso, con il cd tra le mani, che riesco a cogliere quanto l'improvvisazione apparentemente totale del concerto fosse, in realtà, molto ben organizzata. Infatti, con l'esclusione del primo brano (O Berimbau, un assolo di Vasconcelos allo strumento che lo ha reso celebre, il berimbau appunto) e dell'ultimo (l'unico non a firma dei tre, il trascinante Loro di Egberto Gismonti, compagno di Vasconcelos in numerose avventure musicali e, dunque, un omaggio d'obbligo), gli altri cinque brani sono tutti divisi in due parti, in cui la prima consiste nell'assolo di uno dei tre, mentre nella seconda intervengono gli altri due a sviluppare il tema o il ritmo, costruendovi intorno un mondo sonoro. Particolarmente intriganti sono i due brani introdotti dal colto pianismo di Salis (Vinho branco/Lester e Vinho tinto/Manaus), mentre ovunque si respirano atmosfere etniche, con il Brasile amazzonico in testa, quello del choro, frevo, baião e forró, quello divulgato proprio da Vasconcelos e Gismonti, che ben si contamina con l'accordion dai sapori mediterranei di Salis e con l'Africa, madre di ogni cultura delle percussioni. Eppure, perché questa registrazione guadagni un suo specifico rilievo rispetto a tanta world music o a tanta musica new age, che pure lavora su un ritorno ai "suoni della natura", manca ancora qualcosa. Ed è proprio in questo qualcosa che consiste il contributo di Consolmagno e del suo sapiente utilizzo dell'elettronica. I samples, le campionature delle voci – una costante in ogni brano – ammantano l'intero cd di un'atmosfera tra l'onirico e l'inquietante, che ben rende la misteriosa potenza di una natura che ancora non ha svelato completamente i suoi segreti. Una magia arcaica restituita, oltre che da una grande abilità strumentistica, anche da effetti elettronici mai invadenti, che fanno risuonare voci e percussioni come se provenissero dal profondo della giungla, come in Lua, prima che, in Caribbean Dreams, liberati da una sorta d'incantesimo, gli strumenti guadagnino la solarità e l'apertura ritmica e melodica della costa sudamericana.

 

JAZZITALIA 

Dario Gentili

 

 

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