Interviste

 

Rivista La Prima 
n.14 Agosto-Settembre 2000,  pag.36

 

L'ANIMA DELLO STRUMENTO


di Andrea Braconi

 

Un artista poliedrico Peppe Consolmagno, dotato di un talento unico. Vi lascio alle sue parole, ai suoi racconti, frutto di viaggi ed esperienze vissute tra Sudamerica, Africa, Asia e regioni immaginarie. Leggete con calma, per comprendere in maniera più profonda il suo percorso artistico ed umano.

Foto di Elio GuidiPeppe Consolmagno

D. Come è nata questa passione (diventata nel corso degli anni una vera e propria professione) per la costruzione di strumenti tradizionali ed atipici?

R. Ho sempre avuto un particolare interesse per i particolari. Sono sempre stato affascinato dalla natura, dalla semplicità, dalla sincerità e dalla coerenza. Sono cose che mi accompagnano fin da quando ero bambino, così come la barba, già evidente nella adolescenza, che è continuata a crescere con me. Sono sempre riuscito a fare molto con poco. L'ho fatto in tutte le cose, come nella costruzione della casa e  nell'arredamento, così come nella costruzione di strumenti musicali. Mi piace molto parlare e parlare per me equivale a pensare. Mi piace altrettanto fare molto ed in rapporto alla quantità mai meno delle parole. Non mi sono mai riconosciuto negli strumenti musicali che ho acquistato, ho sempre avuto la necessità di capirli, di conoscere la loro provenienza, come e con cosa sono costruiti, la loro intonazione e la maniera con cui vengono suonati. Da qui l'esigenza di adattarli al mio modo di fare musica o il più delle volte di costruirli. Nessuno inventa niente, il più delle volte si scopre "l'acqua calda", ma costruire un vero strumento musicale non è affatto facile, e per vero intendo uno strumento che sia capace di esprimersi in contesti musicali differenti, sia acustici che amplificati, sia in studio che dal vivo. Deve essere soprattutto in grado di esprimere il pensiero di chi lo suona. Ci sono tante persone che costruiscono strumenti, soprattutto a percussione, il risultato il più delle volte è puro
collezionismo fine a se stesso. Tutto suona, ma non tutto riesce a finire in musica, e questo dipende da come viene costruito e da come viene suonato. Il costruttore di strumenti musicali deve fare da ponte tra la creatività spontanea e la necessità di soddisfare le esigenze immediate del musicista.
Non male no?
Pur essendo conosciuto nel mondo come il costruttore di alcuni strumenti musicali (come il caxixi e l'udu) per famosi colleghi musicisti (primo fra tutti Nana Vasconcelos, a cui sono seguiti, Cyro Baptista, Trilok Gurtu, Glen Velez ed altri), in realtà non ho mai avviato una produzione su larga scala. Questa mia reticenza a costruire per tutti ha creato nel tempo un po' di incomprensione. Da diverse parti del mondo mi viene chiesto di costruire strumenti per venderli, ma per iniziare questo tipo di lavoro, ho necessità di un buon supporto di marketing e fino a quando non sarà così rimango in
stand by.
Ho passato anni, e lo sto facendo tuttora, a viaggiare e a fare ricerca. Parto dal presupposto che niente viene da niente. E' stata proprio la ricerca che mi ha portato ad intraprendere anche l'attività giornalistica. 

D. E’ molto intensa la tua attività concertistica e di animatore di seminari e workshop. Come sono strutturate le tue dimostrazioni?

R. Quando parli con un musicista italiano o straniero che vive in Italia sentirai sempre lamentele sul fatto che si suona poco ed è vero. Comunque sia devo dire che il mio sforzo continuo a migliorare e a perfezionare mi sta portando negli ultimi anni a suonare sempre più in teatri e festival di rilievo. Ogni livello richiede un elevato grado di professionalità. L'Italia è il Paese del -non c'è probblema- e del -non ti preoccupare-,
cocktail tra l'altro pericolosissimo, è il Paese de -l’attimino- ma che tutto va -alla grande-…..insomma una brutta copia di un Paese dove il -first problem- equivale al -no problem!-, come dire: quello che dico è quello che faccio e quello che chiedo è quello che desidero. Voglio dire che vivere professionalmente e con professionalità in Italia è realmente complicato. La cultura musicale che mi ha circondato nell'infanzia e nella adolescenza non mi ha dato stimoli adeguati, per questo ho incominciato a fare ricerca basandomi sulla creatività, un percorso complicato ma stimolante. E' da
questo che è nata la mia solo performance, chiamata dall'amico giornalista e dj Rai Marco Boccitto -Timbri dal Mondo-. E' fondamentalmente un viaggio, che si sviluppa in nove - dieci brani tutti composti da me, in cui utilizzo la voce, cantata e usata come strumento, insieme  ai miei strumenti a percussione. Quello che faccio e che mi caratterizza nel panorama musicale è il fatto di interagire con lo strumento e di farlo parlare.
Per quanto riguarda la mia attività didattica devo dirti che è in reale crescita. Niente capita per caso. Sono anni che cerco di trasmettere in maniera utile agli altri e a me stesso, l'esperienza che ho acquisito nel tempo. Piano piano ci sto riuscendo.
La mia intenzione è quella di partire dalle parole (seminario) per passare ai fatti (workshop) e portarli sul palco, a sorpresa per il pubblico, per fare un brano alla fine del mio concerto. Non si tratta pertanto di una saggio, che può sembrare un regalino di fine corso,  ma di una vera esibizione in pubblico.

D.  Mi ha particolarmente incuriosito la presentazione di -Rhythm is the cure-. Parlami di questa singolare formazione.

R. Tra le mie proposte c'è quella con Glen Velez, Alessandra Belloni e me che si chiama -Rhythm is the Cure-. Nato come duo su musiche principalmente di Alessandra, si è allargato solo recentemente con me al trio. Tutti e tre utilizziamo voce e strumenti a percussioni, ma le nostre provenienze sono molto differenti: Alessandra Belloni con le sue tammore e i suoi tamburelli, basa il suo spettacolo sul potere curativo delle percussioni e delle trance-dance di purificazione. Questa antica forma di musica e danza terapia è conosciuta come tarantella, pertanto il suo riferimento è il sud d'Italia. Glen Velez, di origini messicane ma americano a tutti gli effetti, si esprime con i suoi tamburi a cornice dell'aerea araba di cui è specialista mondiale in performance raffinate e eccellentemente matematiche.

D. E’ nota la tua passione per le culture extra-europee. Ma quale paese ami in maniera preponderante rispetto ad altri?

R. Ogni cultura si esprime musicalmente con i suoi strumenti, con la loro tecnica di costruzione, con la loro maniera di suonarli, con la loro pulsazione e questo accade pur utilizzando materiali simili. Più che di musica si parla di gesto musicale e di maniera di vivere. Questi principi si trovano in varie parti del mondo, ma per quanto mi riguarda li ho trovati in Brasile, un paese pieno di contraddizioni, che si muove dentro un triangolo
colorato: giallo, nero e bianco. E' la mistura, la mescola di lineamenti differenti, di razze differenti, il suo elemento vincente. E' un paese in cui mi trovo a mio agio, cosa che non mi accade in altri. Questo non vuol dire che faccio musica brasiliana anche se  ritmicamente mi trovo molto in sintonia.

D. A quale progetto stai lavorando?

R. Tra i miei progetti c'è il Marangolo Quintetto Orizzontale. Un gruppo molto interessante con cui nei primi anni novanta (allora era un quartetto), avevamo fatto cose molto interessanti, suonando in tutta Italia, in Francia, in Svizzera e ottenendo un grande successo al Festival Internazionale del Jazz a Montreal, in Canada. La peculiarità del Quintetto Orizzontale sta nel fatto che durante le esecuzioni le parti improvvisate sono così numerose e importanti da far sì che ogni musicista diventi necessariamente e istantaneamente compositore. Una tromba barocca, un violoncello romantico, un saxofono etnico, un contrabbasso jazz e una percussione originale unita alla voce sono gli ingredienti di un risultato che non è facile da definire, il cui principale intento è comunque quello poetico.
Un ultimo progetto è quello di agosto, quando suonerò a San Benedetto in Perillis (AQ). Farò una solo performance pomeridiana completamente acustica, prima del concerto ufficiale nell'Abbazia Benedettina del XI secolo, nelle grotte del paese appositamente aperte per l'occasione. Beh, l’augurio che faccio a tutti i musicisti è quello di sperare che si allontani il pregiudizio che chi fa musica si diverte e non lavora. D'altra parte è troppo recente il ricordo che se mio nonno si fosse presentato alla famiglia della futura moglie dicendo che faceva il musicista, non si sarebbe mai sposato.

                                                                                                                                                                                                                                                   Andrea Braconi


 

(Giuseppe) PEPPE CONSOLMAGNO   Strada Serre, 7 - 61010 Tavullia (PU) Italia
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