RECENSIONI CD KALUNGUMACHINE

 

aggiornato il 27 luglio 2006

 

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Consolmagno e Marangolo - " Kalungumachine" (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Fabio Ciminiera - Jazz Convention 27 maggio 2005  

 

ll lavoro in duo, Kalungumachine, affianca i sassofoni e le sperimentazioni di Antonio Marangolo al vissuto musicale di Peppe Consolmagno. Incrociare le esperienza creative di due musicisti abituati a non percorrere la stessa strada due volte, a spostare, sia pur di un centesimo di grado, la direzione del proprio sguardo per scoprire, trovare, sorprendersi con ogni esecuzione. Kalungumachine, con la fotografia all'interno, ci svela la rappresentazione visiva della strumentazione di Peppe Consolmagno: una distesa di oggetti di provenienza varia, su un tappeto, vasi, campane, piatti, recipienti, conchiglie, bacchette di foggia particolare, dai nomi affascinanti. Lo stesso si può dire di Marangolo: oltre al sax tenore, si cimenta con il baflaphone e con l'harmonizer, l'antico e il moderno. Il tono di Kalungumachine è più scuro, più riflessivo, riesce, in un certo senso, a rivestire delle tensioni metropolitane la voce degli strumenti esotici, in una unione di sensazioni che si sprigionano dai capi diversi del mondo, soprattutto nel brani che da il titolo al lavoro, in Klee e in Kobaltus, tracce composte a quattro mani.

JAZZ CONVENTION

Fabio Ciminiera

 

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Consolmagno e Marangolo - " Kalungumachine" (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Stefano Solventi - Music Magazine - Sentire Ascoltare 16 luglio 2005

Risale al ’94 questo incontro di due personalità inaspettatamente osmotiche, questi patrimoni d’esperienze e culture così lontani, così vicini, così inevitabili. L’un l’altro, l’uno nell’altro, tanto che l’abbraccio tra le voci (il sax, il baflaphone e l’harmonizer) di Marangolo e quelle di Consolmagno (live sample, conchiglie, cimbali, gong, caxixi…), o se preferite tra l’estetica fusion maculata di night club, cantautorato e colonne sonore del primo e quella sorta di panteismo intimista e gioioso del secondo, avviene con la leggera inesorabilità di un evento naturale. La confluenza di due fiumi, un denso riverberare, il baflaphone che zufola minimi termini segreti, found sounds e pennellate ambientali: è il caso di Encontro das aguas, che in forza del suo realismo tra il magico e il naif spiega il senso di tutto il lavoro. Opera che sa altresì sbraitare panneggi free e calligrafismi intangibili (Kobaltus), agitare lo spirito di Robert Wyatt (nei vocalizzi traslucidi nel teatrino impressionista/animalesco di Manaus) ed angosce Eno/Bowie (tra gli ectoplasmi di harmonizer e cimbali di Lua). Che sa imbastire astrattismi dada tra i grovigli e la giocosità mambo di Klee. Che sa incedere sulla linea di tiro tra urbano e tribale, meditando jazz al confine tra civiltà e natura (come nella splendida ovvietà di Lembranças do nordest). Che sa chiudere insomma l’abbraccio tra arcaismo e (post)modernità col fare agile ed esoterico della title track, per poi spegnersi in una ninna nanna impastata d’incanto e timore (il sogno adulto per pulsazione liquida, canto flautato e baflaphone di A criativitade è uma dança). Disco meravigliosamente rannicchiato nel proprio sortilegio. (7.6/10)

SENTIRE ASCOLTARE

Stefano Solventi

 

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Peppe Consolmagno e Autori vari  Cajù Records 4558-2, 4558-3, 4558-4, 4558-5

Timbri dal Mondo, Kalungumachine, Ishk Bashad Live at Womad, Vasconcelos, Salis, Consolmagno

di ©2005 Maurizio Favot -  Suono  n.384 settembre 2005

 

Percussionista? Definire così Peppe Consolmagno suonerebbe quasi come un insulto. Non bastassero le qualità espressive poliedriche, occorre infatti mettere in conto l’attività musicologica e didattica del quarantasettenne riminese, la cui personalità sfaccettata si palesa “improvvisamente” grazie alla Cajù di Peter Kauffmann, con ben quattro cd appartenenti ad epoche diverse. Il denominatore comune è appunto il percussionismo ecumenico di Peppe, che dall’iniziale ispirazione brasiliana abbraccia l’intero orbe terracqueo e s’avvale di un’ampia tavolozza sonora, comprendente anche strumenti inventati e/o autocostruiti, più voce, campionamenti e loop creati estemporaneamente. Non a caso, il suo primo lavoro solitario (9 brani da un concerto del ’99, 2 registrati in studio nel 2003) è intitolato Timbri dal mondo, a sottolinearne la ricchezza timbrica. Caratteristica già apprezzabile nel duo con il sassofonista Antonio Marangolo (Kalungumachine del ’94, all’epoca edito dalla Iktius), che vi aggiunge spessore impiegando anche l’harmonizer. Infine due live: al 2001 risale la partecipazione al Festival Womad organizzato a Palermo da Peter Gabriel, in un quartetto con Giuseppe Grifeo (piano e voce), Mouna Amari (oud e voce) ed Enzo Rao (violino), mentre l’incontro con Nana Vasconcelos (percussioni e voce) e Antonello Salis (piano, accordion e voce) è del luglio 2004, durante il Fandango Jazz Festival, sul palco de La Palma: più orientaleggiante e “composta” la prima, genuinamente e suggestivamente naif la seconda, entrambe godibilissime.

SUONO

Maurizio Favot

 

 

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Peppe Consolmagno e Cajù Records 

Timbri dal Mondo, Kalungumachine, Ishk Bashad, Vasconcelos, Salis, Consolmagno

di ©2005 Giuseppe De Trizio -  Cupa Cupa  ottobre 2005

 

Suonare jazz senza essere necessariamente solo jazz, pulsare attraverso le dita e gli armonici della voce un filo di musica che è fatta di parole mancate, di rivoli elastici, di loops concentrici, di incontri sostanziali di idee in movimento, di improvvisazione: questo è Peppe Consolmagno. Poliedrico compositore e musicista, agitatore culturale direi, ma anche abile e rinomato liutaio-artigiano. Da anni Peppe si muove attraverso la didattica, la costruzione e l’interplay attraverso la parola parlata. Di recente la consolidata collaborazione con l’ingegnere del suono e produttore Peter Kauffmann, direttore della nuova etichetta indipendente Cajù records, ha portato alla produzione di quattro cd monografici che riescono a restituire all’ascoltatore i confini del lavoro di Consolmagno attraverso le sue composizioni e le performance che vanno dagli intrecci percussivi con i pirotecnici Antonello Salis (piano, voce e fisarmonica) e Nanà Vasconcelos (voce e percussioni), alle trame intime con il fiatista Antonio Marangolo e agli echi multirazziali del progetto Ishk Bashad. La musica di Consolmagno è fatta innanzitutto di timbri, di suoni (assonanze e dissonanze), che sfilano leggeri negli interstizi della musica che ognuno di noi può essere. Ciò che colpisce della poetica del musicista marchigiano di adozione è la consapevolezza della relazione intima tra suono e silenzio. Pulito il campo da orpelli e inutili preamboli la poetica (arte del fare) di Peppe si arricchisce di sovrapposizioni e scomposizioni ritmiche e melodiche che sanno inseguirsi e rivelarsi con semplicità senza mai dimenticare l’aspetto ludico della musica (caratteristica che si riflette anche in Peppe uomo). Di particolare rilievo ci pare la capacità di prendere parte a progetti eterogenei in modo maturo sapendo calibrare sempre il proprio spazio sonoro, senza invadere, senza cadere nella scontata cerchia del dejà écu. Mossa dalla curiosità verso il jazz di matrice europea e, soprattutto, dalle possibilità espressive della tradizione brasiliana, la sua musica ci regala affreschi che diventano cadeaux quando si legano alle vorticose frenesie di quel genio sregolato di Antonello Salis che pesta il pianoforte verso i dialoghi che lo hanno reso celebre e che acquistano un colore spesso e più asciutto nella ossuta consapevolezza delle fantastiche mani di Nanà Vasconcelos. Ben diversa, invece, molto più intima e frusciante come il corso di un fiume antico è l’elegia poetica di “Kalungmachine”, lavoro inciso originalmente nel 1994 e restituito a nuova vita nella tessitura di un percorso emotivo che trova specchio nel talento elegante di Antonio Marangolo. “Ishk Bashad” (Enzo Rao, violino; Mouna Amari, voce e oud; Giuseppe Grifeo, pianoforte) invece, è un ensamble che naviga come piccola orchestra improvvisa tra l’oriente dell’oud e l’occidente del pianoforte attraverso l’ibrido del violino, per una musica “mediterranea”, più votata alla mediterra che agli abusati clichè di settore.

   CUPA CUPA

Giuseppe De Trizio

 

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Consolmagno e Marangolo - " Kalungumachine" (Cajù Records, 2005)

di ©2005 Mario A. Riggio - Percussioni  n.167 novembre 2005  

 

Esce dopo lunga gestazione un album che unisce due musicisti dotati di una sensibilità rara: il percussionista Peppe Consolmagno e il sassofonista Antonio Marangolo. Kalungumachine si muove sui sentieri dell'improvvisazione, badando più sulla emozione momentanea che alla tecnica. Un loop vocale si può così trasformare in una danza e un sassofono swing può essere accompagnato da un gioco di voci e caxixi che rimanda alla foresta amazzonica. Voci, percussioni e sax si inseguono nella foresta in cerca di intimità e ogni rumore diventa un elegantissimo suono.

 

PERCUSSIONI

Mario A. Riggio

 

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Peppe Consolmagno - Cajù Records 4558-2, 4558-3, 4558-4, 4558-5

Timbri dal Mondo, Kalungumachine, Ishk Bashad Live at Womad, Vasconcelos, Salis, Consolmagno

di ©2006 Gianmarco Maggiora -  Drum Club febbraio 2006

 

Per Peppe Consolmagno le percussioni non sono solo una grande passione, ma un vero e proprio stile di vita. Le percussioni sottolineano i suoi viaggi in vari continenti, di cui ci riporta sonorità e suggestioni. Le percussioni sono il mezzo con il quale ci trasmette emozioni e sentimenti, un linguaggio che si fonde con la voce umana invece utilizzata come strumento musicale. Le percussioni sono gli strumenti che utilizza per interagire con altri musicisti e con il pubblico, per lavorare e vivere. I quattro cd di cui andiamo a parlare sono stati incisi nell'arco di dieci anni, spesso in situazioni live, quindi senza alcun artificio tecnico, a conferma della grande personalità e versatilità dell'autore.  In Timbri dal mondo vi è tutta la gioia della scoperta, l'infanzia e al fantasia. Percussioni, voci e campionamenti vengono mescolati e moltiplicati con gli echi a creare bozzetti sonori in cui la ricerca timbrica e la suggestione emotiva sono gli elementi predominanti. In Kalungumachine c'è l'incontro con gli strumenti a fiato di Antonio Marangolo, annunciato e sintetizzato già dalla foto di copertina in cui due fiumi si uniscono per formarne uno ancora più importante l'Amazzonia. In Ishk Bashad - live at Womad 2001 avviane un'altra fusione, quella di diverse culture che nella musica trovano l'ideale strumento di coesione e dialogo. Infine il cd più recente è quello che vede sul palco del Fandango Jazz Festival del 2004 tre musicisti ( Nana Vasconcelos, Antonello Salis e Peppe Consolmagno) che sottolineano ancora una volta come in musica non abbiano alcun senso le etichette ed i limiti mentali, quando la creatività travalica qualunque confine.

 

DRUM CLUB

Gianmarco Maggiora

 

 

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Peppe Consolmagno e Autori vari  Cajù Records 4558-2, 4558-3

Timbri dal Mondo, Kalungumachine

di ©2006 Franco Bergoglio -  Jazzitalia   11 marzo 2006

 

Peppe Consolmagno sfugge alle semplici definizioni, un po' come la sua musica. Percussionista? E dove la mettiamo mettiamo l'attività musicologica? E la didattica? E l'uso della voce? E la passione per la costruzione, con le proprie mani, di nuovi strumenti? Il quarantasettenne riminese è un uomo dall'attività vulcanica e dalla personalità complessa che ha girato tutto il mondo alla ricerca delle forme più adatte per esprimersi. La sua attività viene ora valorizzata come si conviene grazie alla produzione della etichetta Cajù di Peter Kauffmann con ben quattro cd che si situano in momenti diversi della sua produzione. Peppe Consolmagno parte dal Brasile, dai suoi suoni e dalle sue suggestioni (colori e sensazioni) per abbracciare l'intero mondo "sonoro". Il suo primo lavoro, in perfetta solitudine, intitolato Timbri dal mondo sottolinea la ricchezza timbrica e la varietà della sua ispirazione; anche e  soprattutto vocale e melodica. Peppe attraversa uno spettro amplissimo di possibilità ritmiche con l'utilizzo del berimbau, dei flauti brasiliani e delle conchiglie, oltre a tutta una serie di percussioni; e poi, con l'uso dell'amplificazione e dei campionamenti della voce, aggiunge ulteriori effetti e rumori. Più che di brani si tratta di immagini e di colori. Nei momenti più riusciti si aprono agli ascoltatori scoperte e suggestioni. Anche più interessante e impegnativo è Kalungumachine, il lavoro realizzato in duo con il sassofonista Antonio Marangolo (anche all'harmonizer e al baflaphone), del 1994, edito in prima battuta dalla Iktius. Il primo brano del lavoro, Manaus, ricorda vagamente atmosfere alla Zawinul, ma la cifra del cd non è semplicemente quella di un word jazz già sentito. Anche il fascino dei rintocchi e di suoni lontani e misteriosi, come ombre che emergono dalla nebbia o dalle foschie di un'alba in Lua ricordano nel jazz certi approcci dei primissimi Weather Report. Ma si tratta di somiglianze di un lungo corso, forse più cha altro sono delle assonanze, con alcune cose qua e la sentite in brani di Airto Moreira o da Nana Vasconcelos, con cui peraltro Consolmagno ha intessuto una vivace collaborazione. Segnalo anche il secondo brano del cd: Klee, dal bounce allegro e canzonatorio, ma nello stesso tempo ricco di piccole raffinatezze ritmiche e melodiche.

 

JAZZITALIA

Franco Bergoglio

 

 

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Consolmagno e Marangolo - " Kalungumachine" (Cajù Records, 2005)

di ©2006 Fabrizio Ciccarelli - Audiocostruzioni  02 aprile 2006 

 

Leggere una recensione può essere  cosa gradevole; può esserlo talvolta meno se le parole da leggere sono tante. Può capitare, come può capitare che s’incontrino artisti le cui opere non possono essere “descritte” con la stessa brevità di altre. Questo è il caso del cd di Peppe Consolmagno e Antonio Marangolo.

Perché questo titolo? E’ Peppe, in una nostra conversazione, a darcene la spiegazione:” Si pensava al titolo di un brano dove ho utilizzato il tamburo parlante, <kalungu> in Africa è un modo per chiamare questo strumento, e da lì si è partiti…<machine>? Sembrava una fotografia del momento.” Il cd evoca nell’ascoltatore primordi della coscienza, spazi indefiniti, pulsazioni emotive che da una parte possono ricordare, cinematograficamente, il Ken Russel di “Altered states”, dall’altra le fratture visive dell’Espressionismo di Lang o Eisenstein. Slanci vitali ai confini del razionale, tra evocazioni sonore di estrema dolcezza e tonalità “world”, etno (fin troppo facile dirlo), che percuotono l’anima di chi ascolta, scuotono i sensi, lasciano che fluisca il profondo della nostra percezione del mondo, una percezione allo stato primordiale, direi “preconscia”. Dice Peppe, a tal proposito:” il mio lavoro, come quello di Antonio, è in effetti molto legato alle immagini, la spazialità in musica mi appartiene…sia nella gestualità durante il concerto, che nella maniera di vedere la musica. Mi piace non dare indicazioni a chi vede o ascolta la mia musica (in questo la mia e quella di Antonio coincidono), ma dare la possibilità di percepire emozioni che si possano ricondurre alla propria esistenza, al proprio modo di percepire il mondo.” Il tribalismo di certe tracks (“Manaus”, “Lua” o “Lembranças do Nordest”) conduce alle emozioni più antiche, sospese in un “senza tempo” tipico della cultura amazzonica, di certe culture africane, in un “antico” che sa di innovazione ritmica, di ricerca delle radici sonore della musica novecentesca, senza ricalcarne banalmente le forme: appaiono suggestioni arcaiche, tappeti percussivi ”su cui essere liberi di entrare o uscire, di fare e non fare, di giocare con le note così come con il silenzio”  dice Peppe. Certamente, tappeti sonori in cui innettere barlumi fonici come lampi di inconscio: uno “stream of consciousness” che rimanda al James Joyce delle fasi più recondite dell’introspezione, alla ricerca del “suono” quale comunicazione essenziale tra gli esseri viventi. Peppe ricerca ogni possibilità espressiva di ciascuno strumento: intende creare paesaggi sonori universali, nelle costruzioni foniche e fonetiche (l’uso della voce) presenti in ciascuno di noi fin dai primordi della civiltà, dalla scoperta della comunicazione artistica come la più profonda tra gli uomini. Aliti vitali, anime nel tempo, di heideggeriana memoria, possono essere la chiave di lettura dell’opera, ciò che spinge Antonio Marangolo a dar corpo ai suoi fiati in modo tanto intenso. Il progetto dei Nostri è ancora di grande attualità anche se del 1994, ripubblicato da Peter Kauffmann, ideatore della Cajù Records,che informa come il cd sia stato registrato in studio in analogico ma con grande qualità di mezzi (lexicon etc.) e persone. E’' frutto di tre pomeriggi in studio. Nessuna scaletta fatta prima dell'incontro di Peppe Consolmagno e Antonio Marangolo: inizia a suonare o Peppe o Antonio, poi si registra, si va in regia si mixa e via altro brano ; tre giorni per registrarlo.” Il percussionista ricorda ancora: “ E’ un lavoro  basato essenzialmente su di me. Antonio, capace e raffinato (collaboro con lui dal 1990) ha interagito in maniera egregia…abbiamo piazzato gli strumenti, sistemato i livelli di registrazione, Antonio si è posizionato nella stanza in maniera di creare lo spazio sonoro (aneddoto: in “Lua” ha suonato fuori la porta dello studio. Risultato? Rientro di riverbero e qualità del suono…perfetto!”. Due ultime osservazioni: la cura posta nella realizzazione del booklet, piccoli racconti, specchio della vita (“Il solo ascoltare il cd ignorando il libricino a me sembra come eliminare un pensiero”) e la qualità della registrazione, davvero degna di nota.

AUDIOCOSTRUZIONI

Fabrizio Ciccarelli

 

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Consolmagno e Marangolo - " Kalungumachine" (Cajù Records, 2005)

Peppe Consolmagno - Timbri dal mondo (Cajù Records, 2005)

di ©2006 Patrik Dalmace Jazz Hot  n.631 luglio/agosto 2006

 

Il s'agit de musique improvisée. Le premier de ces deux disques, un duo entre Peppe, sa voix, ses onomatopées, ses instruments et le saxophones de Marangolo a une bonne dizaine d'années derriére lui et il a permis, on ne sait pas vraiment comment, à Consolmagno de monter sur les scènes de plusieurs festivals de jazz et à partager avec de nombreux artistes brèsiliens notamment Vasconcelos ce qui ce conçoit un peu mieux, les sons produits par Consolmagno  s'approchant des bruits émerrgeant des forêts tropicales ou équatoriales. Consolmagno n'a guère eu le temps de composer en dix ans puisque la moitie des thèmes du second disque figurent déjà dans le primier cd.  Il est vrai que tout change puique c'est un one man show qui nous est offert cette fois. Les gongs, les cymbales, les coquillages, les gourdes s'entrechoquent, le ferry boat hurle, les brosses brossent, l'eau coule et le tout accompagne berimbau, kalimba et diverses flûtes et il y aussi l'écho! Amateur de jazz s'abstenir, Par contre tous ceux qui aiment les personnages un peu fantasques, qui parcourent le monde à la recherche d'instruments ou les fabriquent eux-mêmes, qui vivent dans la forêt ou au milieu des tounesols, mangent des légumes, les hippies modernes, pourraient bien se regaler.

 

JAZZ HOT

Patrik Dalmace

 

 

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